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Regolarizzazione badanti e colf: assunzione e sanatoria badanti

 
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L'istanza respinta non equivale a un'autodenuncia

di Silvia Bradaschia e Tommaso Siracusano

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9 Settembre 2009

Per evitare che scattino sanzioni nei suoi confronti, il datore di lavoro che si vede respinta l'istanza di emersione, per cause ostative che riguardano lo straniero, deve dimostrare che il rigetto è dovuto a motivi difficilmente conoscibili, sulla base dell'«ordinaria diligenza», al momento dell'assunzione del lavoratore straniero e alla data di presentazione della domanda di sanatoria. Lo chiarisce la Faq n.26 del ministero dell'Interno.
È da ritenere che per «ordinaria diligenza» il ministero intenda quanto previsto dal secondo comma dell'articolo 1176 del Codice civile. Va presa in considerazione la natura dell'attività esercitata.

Gli accorgimenti
Il datore, nella preventiva fase di valutazione del possesso dei requisiti previsti dalla legge 102/09, farà bene ad attivare tutte quelle iniziative che tendono a dimostrare l'effettiva impossibilità di conoscere queste cause a priori. Un esempio potrebbe essere la richiesta di un certificato dei carichi pendenti del lavoratore rilasciato dal casellario giudiziale, anche se nello stesso non risultano gli estremi di eventuali procedimenti ancora nella fase delle indagini preliminari, o già definiti con archiviazione o con sentenza passata in giudicato.

Le cause ostative
Le cause ostative che impediscono alla domanda, presentata online al ministero dell'Interno, di andare a buon fine sono elencate nella legge 102/09. La norma, in particolare, non ammette alla regolarizzazione i soggetti per i quali sono stati emessi provvedimenti di espulsione per motivi di sicurezza, di ordine pubblico o di terrorismo; chi risulta segnalato come inammissibile e chi risulta condannato per reati previsti dagli articoli 380 e 381 del Codice di procedura penale (anche se le sentenze non sono definitive). È ammesso invece chi in passato è stato espulso perché non possedeva il permesso di soggiorno o perché il permesso era scaduto.
Lo stesso tenore letterale della norma prevede pertanto fra le cause ostative una serie di informazioni che il datore non sarà, in nessun caso, in grado di conoscere perché potrebbe trattarsi, ad esempio, di elementi in possesso esclusivo degli organi di pubblica sicurezza. Si tratta, in ogni caso, di un'alea di rischio, perlomeno connessa alla perdita del contributo di 500 euro, in quanto non rimborsabile.
Infatti, dopo aver pagato, tramite F24, il contributo forfetario e aver inoltrato la domanda, al datore non resta che attendere la convocazione presso lo Sportello unico per l'immigrazione. A partire dal 1° ottobre, quest'ultimo acquisirà dalla questura il parere sull'insussistenza di motivi ostativi al rilascio del permesso di soggiorno. In presenza di queste motivazioni, la pratica sarà rigettata.
Dal momento in cui il provvedimento di rigetto verrà notificato al datore di lavoro, lo stesso, sebbene continui a essere esente dalle responsabilità, alle condizioni descritte in precedenza, dovrà in ogni caso risolvere il rapporto di lavoro in quanto privo di un elemento essenziale: l'autorizzazione al lavoro in capo all'extracomunitario e l'impossibilità a ottenerla in applicazione della sanatoria. Nella lettera di licenziamento la risoluzione del rapporto va motivata proprio con il riferimento al provvedimento di rigetto.

La contribuzione
Il datore di lavoro non sarà tenuto all'apertura della posizione contributiva all'Inps, prevista entro 24 ore dalla stipula del contratto di soggiorno, in quanto, a seguito del rigetto dell'istanza, le parti non potranno concludere positivamente l'iter dell'emersione.
La risposta del ministero va interpretata nel senso che tale fattispecie non possa essere considerata autodenuncia, nonostante la norma preveda espressamente, al comma 9, che la sospensione dei procedimenti penali e amministrativi nei confronti del datore di lavoro e del lavoratore cessino alla data di rigetto della dichiarazione di emersione.

9 Settembre 2009
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